La famiglia Goretti era originaria di Corinaldo nelle Marche ed era composta dai coniugi Luigi Goretti e Assunta Carlini, entrambi coltivatori diretti, e dai loro sei figli (un settimo figlio, il primogenito, morì a pochi mesi).
La vita della giovane Maria, fino al suo omicidio, non fu diversa da quella dei figli di molti lavoratori agricoli che dovettero lasciare le proprie terre per cercare sostentamento altrove: analfabetismo, denutrizione, lavoro pesante fin dall’infanzia. Di Maria Goretti fino al 2017 non erano note fotografie. Deceduta a 11 anni, era alta 1,38 m e, secondo il referto autoptico, appariva vistosamente sottopeso e presentava sintomi di malaria in fase avanzata.
I Goretti, in cerca di una migliore occupazione, si trasferirono dapprima a Paliano (nei pressi di Anagni), e in seguito alle Ferriere di Conca, oggi frazione di Latina ma all’epoca comprese nel territorio comunale di Cisterna di Roma (l’attuale Cisterna di Latina), assieme ai Serenelli, una famiglia amica. Nel 1900, Luigi Goretti morì di malaria e la collaborazione coi Serenelli, anch’essi in difficoltà, si fece ancora più stretta.
Alessandro, secondogenito dei Serenelli, tentò diversi approcci nei confronti dell’undicenne, che raggiunsero il culmine nell’estate del 1902: il 5 luglio, con la scusa di farsi rammendare dei vestiti, Alessandro attirò Maria in casa e tentò di violentarla. Di fronte alle grida e ai tentativi comunque istintivi di difendersi, la ferì più volte con un punteruolo. Al processo, confermando quanto detto ai carabinieri immediatamente dopo l’arresto, Serenelli confessò di aver preparato l’arma e di aver deciso di usarla qualora la bambina gli avesse opposto resistenza. Confessò inoltre che la decisione di uccidere Maria era stata in parte motivata dal desiderio di fuggire dalla vita intollerabile nei campi, nella convinzione che la vita in carcere fosse preferibile. È possibile che il giovane Alessandro, proveniente da una famiglia in cui numerosi membri avevano dato segni di squilibrio mentale e figlio di un padre alcolista, fosse in realtà impotente e abbia ferito mortalmente la sfortunata vittima una volta resosi conto di non riuscire a mettere in atto lo stupro. Maria, ancora cosciente, venne trasportata all’ospedale Orsenigo di Nettuno; la morte sopravvenne il giorno successivo per una setticemia conseguente a un intervento chirurgico.
Le esequie vennero celebrate l’8 luglio 1902 nella cappella dell’ospedale, e il corpo della bambina tumulato nel cimitero comunale.